Coppia: quando “lui” è straniero
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transazionaleAgli inizi del XXI secolo, in tutto il mondo assistiamo all’insorgere di molteplici forme d’amore mediate a livello globale (Internet, Netscape ecc.) e di famiglie miste, dai matrimoni di migrazione ai lavoratori migranti interni, dalle relazioni alle famiglie transnazionali, sino ai genitori transnazionali.

In questa ampia gamma di costellazioni familiari, che trascendono i confini nazionali, culturali, etnici e religiosi, si distinguono due principali tipologie. Nella prima tipologia rientrano i membri della famiglia che vivono insieme nello stesso luogo, pur provenendo da background differenti, a livello nazionale ecc. (per esempio una coppia che proviene da due nazioni differenti, lui francese, lei inglese, entrambi vivono con i figli a Parigi). La seconda tipologia riguarda le famiglie i cui membri appartengono tutti allo stesso gruppo nazionale, ma sono andati a vivere in Paesi o persino continenti diversi (per esempio una coppia messicana che vive e lavora negli Stati Uniti, mentre i loro figli sono rimasti nelle aree rurali del Messico).

Per caratterizzare le molteplici e diverse forme di famiglie nel mondo, suggeriamo l’impiego del termine generico «cosmopolitizzazione». Questo termine va oltre il significato di globalizzazione o transnazionalismo. La cosmopolitizzazione fa riferimento a una relazione più profonda, più intima e personale. Indica un’interconnessione basilare tra «Noi» e «Loro», un «coinvolgimento» con l’Altro globale. Significa che ci siamo avvicinati a quelli che sono etichettati come «altri» – gli stranieri, gli estranei ecc. – e «loro» si sono avvicinati a noi.

Questo processo di cosmopolitizzazione avviene in diversi aspetti delle nostre vite quotidiane, dal lavoro all’area educativa, dal tempo libero all’amore, e avviene che ci piaccia o meno. Riguarda gli uomini e le donne, migranti e nativi. Non interessa solamente una piccola élite di persone istruite, sofisticate, culturalmente ambiziose ed economicamente ben posizionate. Anzi, va molto oltre, coinvolgendo molto spesso le vittime della violenza e della miseria economica a livello globale. Alcuni sono benestanti ma la maggior parte no, alcuni possiedono titoli accademici, alcuni sono a mala pena istruiti, molti sono in fuga da persecuzioni e povertà, speranzosi di creare un futuro migliore altrove.

E ovviamente la cosmopolitizzazione fa parte dell’era dell’interconnessione, laddove l’interazione assume diverse forme: dalle relazioni personali dirette, faccia a faccia, a modalità indirette e mediate come la tv, i film, Internet. Ciò che ne deriva raggiunge nel profondo le nostre vite personali, i nostri territori mentali ed emozionali. Che sia la maggior parte della popolazione o un gruppo minoritario, che siano nativi o migranti, le identità delle persone vengono segnate. Vengono messe in moto delle trasformazioni interiori, alle volte in modo sottile alle volte in modo più evidente e diretto. Le convinzioni religiose, le ideologie politiche, le speranze e le ambizioni personali iniziano a cambiare.

L’amore cosmopolita e le famiglie mondiali incarnano gli antagonismi del mondo e questi antagonismi sono elaborati al loro interno. Non tutte le famiglie interpretano ogni tipo di antagonismo, ma la maggior parte delle famiglie ne rappresentano alcuni. Per esempio, nelle coppie di due nazionalità, le tensioni politiche tra i rispettivi Paesi possono tradursi in conflitti personali; mentre nelle famiglie di immigrati le tensioni tra il centro e la periferia, tra l’Occidente e «tutto il resto» possono emergere e creare irritazione, risentimento o aperta ostilità. Ne deriva che all’interno della stessa famiglia possiamo trovare – e di fatto spesso troviamo – persone dal profilo culturale apertamente contrastante. All’interno della stessa famiglia può esservi un padre rigorosamente fondamentalista; una madre semiscolarizzata e semireligiosa; una figlia profondamente antireligiosa e antipatriarcale; in aggiunta un figlio giovane, fondamentalista, nato in un Paese occidentale e dalle convinzioni fortemente anti-occidentali.

Con la cosmopolitizzazione intesa in questo senso e l’«Altro» nel mezzo, le convinzioni, le norme e le idee radicate divengono aree di contesa. La «fine delle distanze geografiche» può non marcare l’inizio della pace eterna, quanto piuttosto la proliferazione di scontri e guerre culturali. Sorgono sempre più controversie e alle volte esplodono, in aree diverse, anche nell’amore e nella vita familiare: cosa è giusto e cosa è sbagliato, decoroso o osceno? Come definiamo il dovere morale? La tradizione deve essere onorata e obbedita, o entra in conflitto con i diritti umani fondamentali? L’omosessualità rappresenta un’indole perversa e un atto criminale degno di essere disprezzato, punito e proibito, o uno stile di vita che va accettato e rispettato? Per quanto riguarda i matrimoni concordati: rappresentano un diritto e una responsabilità dei genitori o un atto di crudele oppressione derivante dai giorni bui del patriarcato?

In questo modo, le famiglie del mondo possono diventare terreno di scontro, dove narrative e miti nazionali contrastanti, con tutti i rispettivi angoli oscuri e le loro interpretazioni, si confrontano reciprocamente. Che si tratti di controllo e sfruttamento coloniale, violenza a scapito delle minoranze o guerre di conquista ai danni delle nazioni confinanti: nell’amore e nelle famiglie cosmopolite, il personale è politico e i

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