La mia intervista a Elisabetta Jankovic : ” Lo Sposo Africano”

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Appena ho finito di leggere “Lo sposo africano” la prima sensazione che ho avuto è stata quella di voler conoscere la scrittrice che, a mio avviso, è riuscita a cogliere a pieno la vita di una coppia mista in Italia, con le sue problematiche, differenze sociali e culturali, con i suoi aspetti complicati ma allo stesso tempo intensi .

Vi presento Elisabetta Jankovic autrice de “Lo sposo africano”  che mi ha concesso una lunga intervista: un lungo viaggio nel quale l’unico filo conduttore è stato l’amore nelle sue più intense e rare sfumature e inteso come linfa vitale perché come la stessa Elisabetta afferma : Amare è vita

Me: Ciao Elisabetta premetto che ho letto il tuo libro in una notte. Un libro che ho trovato unico nel suo genere qui in Italia, perché racconta la storia di una coppia mista ai giorni nostri, una favola moderna contro i pregiudizi e contro ogni limite mentale. Tutti possono fare tutto senza sentirsi condizionati dal giudizio altrui. Dimmi quanto c’è di autobiografico?

E: Prima di tutto son contenta che il libro ti sia piaciuto. Sicuramente è  frutto di un’esperienza personale, alcune situazioni sono romanzate e altre invece mi son state raccontate magari da coppie che hanno vissuto determinate esperienze.

Me : Spesso le donne italiane sono spaventate dall’incertezza che la relazione con uno straniero può dare : alle volte alcuni amori non si rivelano disinteressati ma, anzi al contrario, possono essere legati a scopi ben precisi come : soldi, documenti etc. La tua protagonista non si è mai posta la domanda : “forse mi sta fregando” perché?

E : E’ vero,  in realtà la protagonista del libro non è  una persona diffidente, non le piace pensare male degli altri e anche se spesso prende  fregature come tutti, però in genere non le  piace attribuire agli altri un retro pensiero. E’ ovvio che fa parte del fascino di una donna occidentale, per un immigrato anche in difficoltà, l’essere una chiave d’accesso per un mondo a loro sconosciuto.  Come se io andassi in Giappone e incontrassi un giapponese: sicuramente amerei il fatto che lui potesse portarmi in posti senza del quale io non potrei andare. E’ un’attrazione reciproca : perché anche per la donna occidentale il suo lui rappresenta una chiave per entrare in un mondo affascinate  come quello della cultura africana che prima di quel momento non le era accessibile .

Me: Una parte del tuo libro è proprio dedicata ai piccoli business che i senegalesi svolgono in Italia che alle volte si rivelano fruttuosi altre meno

E: Questa credo sia una caratteristica dei senegalesi : il commerciare. Ovvio non si può generalizzare: alcuni hanno un  un lavoro stabile, altri invece, quello che per noi è un espediente  o commercio irregolare, per loro è proprio un lavoro. Se vai in Africa questo tipo di commercio è normalissimo . Il problema nasce nel momento in cui una donna occidentale e, in questo caso italiana, deve comprenderlo . Ma ecco come spiegavo in una mia presentazione l’altro giorno a chi mi ha domandato : tu cosa consiglieresti? Io consiglierei solo di innamorarsi  e di stare bene e di valutare il grado di difficoltà e sofferenza sulla bilancia del piacere e dello stare insieme. Ognuno ha la sua misura . Tutto si misura in base al desiderio di voler stare insieme.

Me: La tua protagonista si vede la casa praticamente invasa dagli amici e parenti del suo fidanzato. Questo mette in evidenza una diversa concezione di vita e di comunità. Noi italiani chiusi nei nostri condomini e loro abituati a vivere insieme.

E: La condivisione non sempre è facile ma anche in questo caso gli africani riescono a vivere questa “ vita comunitaria” con la più completa informalità. Mi spiego. Se mentre noi italiani quando abbiamo ospiti a casa dobbiamo partecipare attivamente a questa vita, loro invece riescono  ad essere del tutto informali : non è un problema che magari a pranzo ti guardi le tue cose al cellulare . Cosa che per un italiano sarebbe una delle più grande mancanze di rispetto. Tutto è molto “easy”

Me: La poligamia : come una donna  italiana può accettare un rapporto poligamo e nel caso della tua protagonista femminile essere una seconda moglie e anche perché no una seconda mamma.

E:  Il protagonista maschile sposa la prima moglie in un secondo momento. L’accettazione viene nel momento in cui si fanno scelte cercando di non essere sempre condizionati dal giudizio o dal pregiudizio: “questa cosa non l’accetto perché non è giusto che l’accetti” o  “Se avessi dovuto prendere una decisione solo seguendo ciò che sembra essere giusto ma che non sento essere giusto “. Nella nostra cultura ci sono persone che hanno doppie famiglie ( con moglie e amante) perché allora si accetta? Ci sono sempre mille sfumature . Quindi tra persone che hanno culture diverse le domande che bisogna porsi devono essere dettate secondo le proprie convinzione e non secondo quello che le amiche  dicono o quello che la società  dice o la paura del giudizio degli altri .

Me: Alla fine sai che non hai un uomo che sarà “tuo” . Anche se dal suo canto la protagonista giustifica questa cosa sostenendo che il rapporto con la prima moglie è “una sorta di accordo economico” . Lui può amare con la stessa intensità entrambi le mogli o lei, la prima, sarà solo un accordo imposto dalla sua famiglia?

E: Ciò che mi sono sempre chiesta è se si può dare all’ amore una definizione o un confine univoco.  Ci sta sempre qualcuno che ama in più, non tutti siamo uguali . Come di solito chi ama in più è quello più predisposto a soffrire maggiormente . Il modo che gli  esseri umani hanno di amarsi è diverso, ognuno a modo suo secondo mappe imperscrutabili. Così come il dolore. Soffriamo tutti alla stessa maniera? Non credo . Tutto è sempre molto relativo in base alla propria sensibilità. Così come i modi di reazione. E’ arido  metterlo sul piatto di una bilancia . In una coppia è più costruttivo sentire l’amore dell’altro nella misura in cui è capace di darlo. La poligamia non è una passeggiata però innamorarsi è una cosa rara e meravigliosa: da senso alla nostra vita . Se diventa sofferenza e non si avverte l’amore dell’altro è meglio rompere.

Me: La poligamia è sinonimo di egoismo maschile ?

E: Le scelte che vengono fatte dalla famiglia sono così inderogabili che mette il protagonista nella condizione da non poter imporsi . Imporsi vorrebbe dire rompere con tutta la sua famiglia e quindi con tutto il suo mondo . L’egoismo nasce nel momento in cui non si è in grado di “opporsi ” a scelte familiari.  Tutti subiscono la poligamia e forse più della seconda moglie italiana io penserei alla prima moglie senegalese. Perché in un certo qual senso anche lei si è ritrovata come pedina di un accordo già fatto. Nina non ha mai chiesto di scegliere perché dentro di se era consapevole che se lui avesse scelto e, quindi lasciato la prima moglie, quest’ultima avrebbe dovuto vivere senza i soldi del marito .. e trovarsi lì senza soldi è un concetto molto diverso dal trovarsi senza soldi in Italia. Una sorta di solidarietà femminile. E poi ripeto, in Italia ci sono tanti uomini e donne che accettano la doppia vita del consorte, perché solo la poligamia desta più curiosità?

Me: So che a breve uscirà un nuovo progetto sul quale hai lavorato con tuo marito : un documentario sulle rotte migratorie.

E: Si abbiamo lavorato su questo documentario il cui regista è Marcello Merletto per OIM (organizzazione internazionale per le migrazioni)descrivendo il passaggio dei migranti attraverso il Niger, la Libia e il Mediterraneo. Portiamo questo documentario ovunque per sensibilizzare la gente su questa questione che spesso è troppo impressionata dai titoli dei giornali.

Grazie ad Elisabetta Jankovic per il tempo dedicato e per aver risposto gentilmente a tutte le nostre domande.

 

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