Tati ha 31 anni, è italo brasiliana, ha studiato giornalismo in Brasile e un giorno ha deciso che voleva realizzare un sogno, così è partita per l’Italia. E’ arrivata a Roma, dove un’amica aveva appena aperto un bar ed aveva bisogno di un’aiutante. Inizia così il viaggio di Tati nel paese d’origine dei suoi nonni. Un viaggio per allontanarsi dalla violenza profonda della sua terra, per giocare la sua carta. Manam ha 35 anni e vive in Italia da 14, è arrivato qui dal Bangladesh, dove oggi vivono ancora le sue sorelle insieme alla madre, per trovare un buon lavoro e poter provvedere alla sua famiglia.
Tati e Manam sembrerebbero avere in comune solo la partenza verso un paese lontano ma da quando si sono incontrati, per caso, sul posto di lavoro a Roma, non si sono più lasciati. A pensarci bene la cultura brasiliana e quella bengalese sono qualcosa di estremamente distante, la prima espansiva, vivace ed esuberante la seconda morigerata, delineata dalle regole dell’islam, silenziosa. «Ci siamo conosciuti sul posto di lavoro – racconta Tati – vendevamo i pacchetti dei tour di Roma ai turisti e ci siamo trovati a condividere lo stesso appartamento». Occhi chiari, carnagione limpida, abito sgargiante e una grande carica, tipicamente brasiliana, Tati trasmette in ogni parola l’amore per la sua terra lontana. «Manam ha iniziato a corteggiarmi presto ma io non avevo nessuna intenzione di legarmi e tantomeno sposarmi. Non volevo legami, volevo custodire il diritto di andare e venire quando credevo, mi sono innamorata di lui con naturalezza, quasi senza accorgermene, della sua dolcezza e del suo profondo rispetto di me. « La famiglia di Tati, come la maggior parte di quelle brasiliane, è cattolica. «Quando sono tornata in Brasile per un periodo con l’intenzione di raccontare la storia che stavo vivendo con Manam, sia alcuni miei famigliari sia gli amici, mi hanno messa subito in guardia su quanto fosse pericoloso legarmi ad un musulmano, c’è una vera campagna anti islam nel mio paese, come in parte accade anche qui. «Per dodici anni Manam non è riuscito a ritornare a casa a riabbracciare la sua famiglia, dodici anni in cui ha cercato di ritagliarsi il suo posto nella nostra società, facendo i lavoro più disparati.
«Se Manam non fosse profondamente moderato la nostra storia non sarebbe mai nata, fortunatamente è un musulmano atipico, diverso da alcuni suoi amici che hanno sempre diffidato di me, non avrei mai accettato di non poter andare al mare per esempio, non avere amici maschi, non indossare certi indumenti, insomma io sono brasiliana!” Tati e Manam sono sposati, con rito civile da due anni, dopo le tipiche attese per i documenti sono riusciti a coronare il loro sogno d’amore e unirsi in matrimonio. «La religione per noi non è un problema, almeno per ora, io credo in un Dio che esiste, un’entità superiore che non delimito però in nessun tipo di fede. La mamma di Manam vorrebbe che fossimo sposati anche con rito islamico ma io non voglio convertirmi e Manam rispetta la mia volontà. Spero che riusciremo presto a raggiungerla in Bangladesh così potrò conoscerla di persona, come Manam ha fatto con mia mamma e le mie sorelle che sono venute a trovarmi a Roma di recente. Loro si sono letteralmente innamorate di lui e sono molto felici per no».
In futuro Tati vorrebbe portare Manam in Brasile per fargli conoscere il paese dove è nata, festeggiare il loro matrimonio anche con la sua famiglia e gli amici e magari un giorno, adottare un bambino. «Ho visto così tanta povertà e bambini senza speranza nel mio paese che quando penso alla maternità mi sembra quasi egoistico volere mettere al mondo un altro bambino. Ce ne sono così tanti senza nessuno, abbandonati che quando e se noi vorremo un figlio sarei molto felice di adottarlo». Oggi Tati e Manam fanno lo stesso lavoro con cui si sono conosciuti ma in proprio, viaggiano spesso, frequentano altre coppie “miste” che hanno conosciuto negli anni, si amano di un amore che è bello conoscere, fa bene al cuore.