Ricordo solo un paio di occhi color oro che non riuscivano a reggere lo sguardo delle persone, come se si sentissero perennemente in colpa per qualcosa.
Erika fa la volontaria in un’associazione che si occupa di accogliere gli stranieri che sbarcano sul nostro territorio in fuga dalle zone povere del nord africa e conosce benissimo la sensazione di paura che prova chi, pur non volendo è costretto ad abbandonare la propria terra per cercare la salvezza altrove.
Nonostante ciò credeva che queste persone perennemente in fuga fossero diverse da lei e da chi non è costretto dalla paura fin dalla nascita, amava aiutare questa gente perché in fondo aiutava se stessa, la faceva sentire davvero utile e migliore ma l’empatia con la disperazione non era mai riuscita a raggiungerla davvero. Erika non riusciva a lasciarsi andare con la gente che aiutava a vestirsi, a mangiare, a riscaldarsi, non provava neppure a conoscere le loro storie e non perché sentiva di essere superiore, solo non ne comprendeva l’utilità ed in fondo non si era mai posta neppure il problema, sapeva di doverli e di volerli aiutare e punto, il resto riteneva fossero inutili convenevoli di circostanza.
Fino a quando una notte, durante un’operazione di sbarco di quasi 500 migranti provenienti dalla Somalia, la vita di Erika non intrecciò quella di Ahmed, un ragazzo di 27 anni, di primo acchito non sembrava affatto sofferente questo ragazzo bruno, sotto la sua maglia sporca si intravedeva un fisico atletico e ben definito, Erika si sentì in colpa per quei pensieri così inopportuni nei confronti di chi ha dovuto sopportare la fame e il freddo per diverse ore in mezzo al mare e li cancellò, per un momento solo. Ahmed, come tutti gli altri, si era messo in fila sotto il capannone della protezione civile, per ricevere degli indumenti asciutti messi a disposizione dalla popolazione del luogo, Erika era l’addetta alla distribuzione ed è lì che conosce Ahmed, lui era stranamente loquace, conosceva molto bene la lingua italiana e forse fu quel dettaglio che spinse Erika a parlarci per la prima volta, questo e i suoi grandi occhi dorati. Era una ragazza molto curiosa Erika, troppo forse e quando si metteva in testa un obiettivo difficilmente lasciava stare prima di raggiungerlo. Dopo aver terminato il suo lavoro , la ragazza cercò Ahmed con lo sguardo finché non lo trovò seduto su una brandina in fondo al capannone, gli si avvicinò cauta: –“Ti disturbo?”– il ragazzo alzò la testa e le sorrise –“No, siedi”– e si spostò per far posto alla ragazza –“Ho notato che sai parlare la mia lingua…”– e prima che Erika potesse aggiungere altro, Ahmed la anticipò e le racconta di essere stato cresciuto da una suora italiana dopo essere rimasto orfano di entrambi i genitori quando era ancora molto piccolo, le racconta dei suoi studi con quella donna che era per lui Madre, Amica ed Insegnante, di aver conosciuto grazie a lei la letteratura italiana gli usi e i costumi di quel paese meraviglioso. -“Mi faceva leggere un libro alla settimana e a me piaceva tanto”, da qualche anno Ahmed, aiutava i medici di un ospedale vicino al suo villaggio facendo quel che poteva, racconta a Erika, che avrebbe voluto diventare un medico e che per farlo sarebbe dovuto scappare dalla guerra per cominciare a lavorare in un posto sicuro. Il ragazzo raccontò i dettagli della sua fuga dalla guerra, del suo viaggio su un camion, quando degli uomini armati hanno fermato il veicolo per derubare i passeggeri, di un proiettile che gli ha colpito il braccio, dell’operazione di fortuna che ha dovuto subire andata per fortuna bene, della ricerca di un traghetto che potesse farlo arrivare in Italia il prima possibile, del freddo, della fame, della paura di morire di chi su quella barca è morto davvero. Era la prima volta per Erika di ascoltare le prime sensazioni di un profugo a poche ore da uno sbarco, immaginava le difficoltà di ognuna di queste persone, ma i dettagli di ogni emozione durante quei viaggi della speranza, raccontati così bene, nella lingua che lei comprendeva meglio di tutte le altre, quelli mai.
Erika non ci mise molto a sentirsi molto più vicina di quanto credesse a quel ragazzo, cominciava anche a piacerle lo trovava divertente, simpatico che fosse bello era abbastanza lampante, gli occhi coloro oro così chiari sembravano gioielli, quelle mani con le dita lunghe e affusolate, le spalle larghe importanti quei muscoli così definiti, il suo sorriso, Ahmed era una perfetta sintesi di dettagli meravigliosamente splendenti capaci di presentare un uomo dalla bellezza rara e inusuale. Erika passò sorprendentemente anche i giorni successivi al capannone, non si era mai occupata di altro oltre che dei primissimi aiuti post sbarco, aveva sempre lasciato che al resto ci pensassero gli altri, ma dopo aver conosciuto Ahmed si rese conto che forse il suo contributo potesse sorprendentemente andare oltre. Si era messa in testa di voler aiutare quel ragazzo in tutti i modi ”se lo meritava”(e le piaceva e molto); certo Intelligente era intelligente, brillante e ironico anche, sarebbe stato un peccato sprecare le potenzialità di uno come Ahmed. Era oggettivo che meritava di essere valorizzato. Così, una sera il terzo giorno da quando aveva conosciuto Ahmed, Erika prese una decisione che mai avrebbe creduto di poter prendere prima di quel momento: senza che nessuno si accorgesse di nulla convinse Ahmed a seguirla a casa sua, aveva deciso che sarebbe stato lì fino a quando non le sarebbe venuta in mente un’alternativa migliore, in realtà non c’era un piano chiaro o meglio non c’erano piani A o B o C, c’era solo lei che voleva portare a casa Ahmed. Punto. Erika viveva da sola, la notte era difficile che qualcuno dei suoi vicini potesse scoprire il suo ospite, restava da capire come lo avrebbe nascosto nei giorni successivi, prima di escogitare quel qualcosa di geniale (che era convinta sarebbe arrivata) e che adesso le sfuggiva ma che avrebbe tolto lei e lui dagli impicci. Una volta varcata la porta di casa di Erika, Ahmed si trovò immerso in un insolito imbarazzo, non riusciva a muoversi dal ciglio della porta, gli sembrava tutto troppo, nonostante la casa della ragazza fosse davvero piccola, era troppo un divano davanti ad una televisione ed un tavolo con 7 sedie e poi poltrone e quadri e casse di acqua pulita vicino ai suoi piedi, era troppo per Ahmed. Erika resasi conto delle emozioni di Ahmed lo prese per mano e lo invitò a sedersi, cucinò per lui del riso in bianco e della carne, dopo cena parlarono a lungo seduti sul divano, Ahmed ripeté tante volte la sua gratitudine nei confronti della ragazza “come posso ripagarti?”, forse cento volte. Passarono la sera a pensare ad una soluzione a quella situazione che evidentemente non poteva continuare in quel modo. Parlarono molto anche per tentare di tenere a bada quelle pulsioni che per 3 giorni hanno entrambi mortificato, che in quella situazione avrebbero potuto esplodere ma che per uno strano motivo rimasero sopite. Quando erano ormai le due di notte, Ahmed manifestò a Erika la sua necessità di darsi una ripulita e dopo una doccia calda e un’ultima chiacchierata erano entrambi pronti per andare a dormire. Erika sistemò il divano letto che avrebbe dovuto ospitare Ahmed, che ancora in accappatoio, seguiva i movimenti della ragazza due passi indietro e fu in quel momento che le resistenze vennero meno e il ragazzo fece quello che avrebbe voluto fare dal primo momento, la mise entrambe la mani dietro la vita e la avvicinò a lui, Erika si girò di scatto ed era tra le braccia di Ahmed che la stringeva convinto. Il ragazzo spostò una ciocca di capelli dal volto di Erika e la accarezzò, le sorrise e le disse che era la più bella ragazza che avesse mai visto in vita sua. Erika allungò le mani prese il volto del ragazzo tra le dita e lo baciò, con passione, le labbra di lui erano calde e piene e le sembrò quasi naturale infilare le mani sotto il suo accappatoio fino a sfilarglielo, Erika era ufficialmente eccitata, riusciva a toccargli i muscoli sulla schiena ed erano così sodi, si sentiva come una bimba in un negozio di caramelle che impazziva dalla voglia di mangiarle tutte insieme, doveva capire solo con quale voleva cominciare. Ahmed però svilì gli intenti della ragazza e le afferrò il polso che stava dirigendosi nei terreni più intimi del ragazzo “Fermati Erika mettiamoci a dormire” in un colpo la ragazza tornò con i piedi per terra, aveva dato per scontato che lui ci sarebbe stato, in fondo doveva starci, credeva di piacergli, non capiva, annuì con la testa visibilmente delusa e anche un po’ imbarazzata e se ne andò in camera lasciandolo solo. Erika ci mise un sacco prima di dormire quella notte, si sentiva una cretina “Ma certo perché quel ragazzo doveva starci in fondo? Si sarà sentito un gigolò? Doveva ripagarla per qualcosa? Che cretina come aveva potuto farlo sentire così” aveva capito tutto lei, lui l’ha baciata per pena per non farla sentire stupida ma era chiaro che aveva frainteso e che Ahmed non ricambiava le sue sensazioni. La mattina successiva Erika si svegliò ancora un po’ scossa, non trovò Ahmed, la casa era vuota, si sentì ufficialmente la ragazza più minchiona del mondo. Baciata, sfruttata e mandata a fanculo e la cosa peggiore è che sentiva di esserselo in qualche modo meritato. Poi riesce a scorgere un biglietto in bella vista sotto il cestino della frutta, sul tavolo in sala da pranzo, era di Ahmed.
Se ieri avessi fatto l’amore con te non mi sarei sentito uomo, sono senza un soldo, solo in un paese che forse non mi vorrà mai, tu non meriti uno così, meriti un uomo sicuro, rispettato, che possa renderti felice. Non ti ho rifiutata, sono andato via per diventare quell’uomo, non ho intenzione di lasciarti andare, voglio diventare l’uomo che dovrebbe starti accanto e ci riuscirò. Nel mio paese gli uomini corteggiano le donne mostrando loro le armi , gli arnesi con i quali riescono a provvedere alla famiglia, è considerato un disonore non averne e io adesso Erika sono disarmato. Tu aspettami se quello che provo io lo provi anche tu.
Erika rimase esterrefatta, sorpresa, non capiva se fosse uno scherzo o se avesse conosciuto l’uomo più rispettoso del mondo. Ma il dubbio sparì pochi attimi dopo, quando senti una presenza alle spalle e voltandosi vide proprio Ahmed:
– Non ci riesco ad allontanarmi da te sono un codardo, sono rimasto sotto casa tua tutta la notte poi sono salito sperando che non lo avessi letto il biglietto e strapparlo, tu sei troppo e io…
– Non devi allontanarti mai più da me- rispose Erika.
– Ma io non sono quello che dovresti avere
– Neppure io…
– Sarà dura lo sai vero?
– Lo è sempre… – disse infine lei, mentre le sue mani tornavano sul viso del ragazzo.
C’erano due ragazzi disarmati in una stanza di un monolocale, pieni di problemi e con tanti sogni, avevano appena deciso di amarsi, lei era bianca e lui nero ma nessuno dei due se n’era ancora accorto.