DALL’AGOGNATO NUMERO DI TELEFONO ALL’AMICIZIA SU FACEBOOK
Ultimamente molti – me compreso – si sono ritrovati a fare uno scroll nel passato per approdare a epifanie universali. Una è che i Maya c’hanno azzeccato (e non ce ne siamo accorti): alcuni modi di essere vanno chiusi e sepolti per sempre. L’altra è che l’amore senza fili, l’amore wi-fi sta perdendo il segnale.
“CIAO! DA DOVE DGT?”
E in principio fu la chat. Vaso di Pandora di tutti i nostri desideri, sogni e paure. È stato un nascondiglio e palcoscenico dove scrollarsi di dosso le proprie insicurezze, reinventarsi una nuova identità e poter diventare immediatamente attraenti. Facile nascondersi dietro un’emoticon di Skype, uno smiley o una frase ad effetto (e ve lo dice un fottuto copywriter). Ovviamente non viviamo in un mondo di chat. Ci sono stati gli “squillini” sui Nokia 3310, gli sms dai primi gms: tutto più facile, tutto dimostrabile e scritto su una carta invisibile, tutto da pretendere (quante volte vi siete sentiti dire “ma perché non mi hai risposto?”). E tutto ciò che potevamo dire veramente è andato a farsi benedire perché non trovavamo campo.
E OGGI? RICHIESTA DI FIDANZAMENTO INOLTRATA!
Molti hanno visto il film su Zukkembergs. Il primo coito di Facebook è stato Facemash, dove grazie ad ardito codice di programmazione, i masculi locali hanno potuto comparare e votare le loro compagne di corso. Questo tipo di catarsi – una vera e propria libido in codice binario – ha trovato nel mezzo digitale la sua massima espressione: una generazione intera che ha visto crollare il muro della timidezza e dell’incomunicabilità delle proprie emozioni e che ha eretto la barriera virtuale 800×600 pixel.
Uno schermo dietro il quale poter essere se stessi e altro da essi.
Oggi, il proliferare di mezzi di comunicazione ha fatto sì che il caleidoscopico improvvisare e adattarsi alle situazioni imposte dalla gestione dei rapporti nel reale sia passato al digitale. Mi spiego. Una skypata, una serie di messaggi su WhatsApp, una foto postata su Facebook, un commento, un like, uno share, l’invito a un evento, un poke: sono tutti atti e momenti di comunicazione che sottendono un’etichetta o un codice di comportamento e relativa semantica. Il tutto, a discapito delle semantiche che fino ad ora ci hanno fatto andare avanti: la semantica del cuore. La semantica di se stessi. La semantica di noi.
Come generazione, non appartengo alla tribù di cacciatori atavici di appuntamenti e numeri di telefono. Non me li sono mai sudati alla vecchia maniera. Mi sono fatto avanti a colpi di tastiera e tutto ciò ha offuscato la capacità di appropriazione e consapevolezza dei modi d’essere, che sono alla base di qualsiasi connessione.
Il paradosso che si tocca risiede nella capacità di osare davanti ad uno schermo e di non rischiare nulla davanti a uno sguardo reale.
C’È UN SENSO A TUTTO CIÒ?
Vorrei chiudere parafrasando il monologo del mio stand up comedian preferito: Bill Hicks.
La tecnologia è come una giostra. Quando scegli di salirci pensi che sia reale, perché le nostre menti sono potenti. La giostra va su e giù e gira intorno; ti fa tremare e rabbrividire ed è coloratissima e rumorosa. Ed è divertente, per un po’. Alcuni ci sono da tanto tempo e si sono chiesti: “È la realtà o è solo un giro di giostra?”. Alcuni lo sanno e vengono da noi per dirci: “Ehi, guarda che è solo un giro di giostra!”. E noi uccidiamo queste persone; abbiamo investito un sacco in questo giro di giostra. “Guarda le mie rughe di preoccupazione, guarda i miei score, e quanti contatti. Questo deve essere reale!”.
Amici, è solo un giro di giostra e noi uccidiamo sempre quella brava gente che tenta di dircelo, l’avete notato? E lasciamo che i nostri demoni continuino a vivere dentro di noi. Ma possiamo cambiare le cose in qualunque momento, è solo una scelta. Una scelta tra paura e amore.
Niente sforzi o preoccupazioni, reputazioni o rischi. Perché? Perché è solo un giro di giostra.
POST SCRIPTUM
Cara lettrice, quest’articolo è dedicato a unicamente a te.
Perché capire, comprendere e realizzare (nel senso di agire) sono atti reali fatti di carne e sudori freddi che non rimpiazzerò mai più con nessun alter ego in codice binario.
Andrea Torcoli